Monthly Archive 18 Aprile 2018

Buone pratiche contro il bullismo

Buone pratiche contro il bullismo – Guida europea

Il fenomeno del bullismo sta diventando sempre più diffuso e acuto, sia in relazione all‟età che alla diversità di forme assunte. Per questa ragioneesso ha raccolto l‟interesse di numerose organizzazione operanti nel campo della protezione dei minori, nonché degli organi decisionali delle politiche ufficialidell‟Unione Europea.

Nell‟ultimo periodo sono stati o vengono messi in atto progetti finanziati dall‟Unione Europea sotto il programma Daphne III. Nella cornice di questi progetti sono state svolte ricerche significative, che hanno rivelato diversi aspetti del fenomeno. Allo stesso tempo, sono state create le migliori pratiche per affrontarlo. Tuttavia, tutte queste azioni rimangono separate l‟una dall‟altra, con conseguenti limiti di efficienza e mancanza di una strategia centrale per affrontare il fenomeno a livello europeo.

Obiettivo globale del progetto:

Elaborare, valutare e usare i risultati e le migliori pratiche degli interventi in corso contro il bullismo, al fine di sviluppare una strategia europea comune che verrà realizzata mediante l‟istituzione di una Rete europea antibullismo.

Il progetto mira ad aumentare l‟efficienza delle politiche e delle attività dell‟Unione Europea, nel quadro del programma “Justice”, che verrà realizzato nel periodo successivo, oltre che estendere gli adempimenti europei mediante la realizzazione di politiche comuni rilevanti.

Allegati

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Cellulare in classe

Cellulare sequestrato in classe? Il Docente rischia la denuncia

L’uso del cellulare in classe è stato vietato dalla circolare n°30 del marzo del 15 marzo del 2007, ma gli insegnanti non sono autorizzati a sequestrare il dispositivo, anche se l’alunno in quel momento non sta rispettando le regole.

Il divieto di usare il cellulare in classe è fissato da diversi criteri ministeriali e questo non legittima il docente a sequestrare il dispositivo al proprio studente.

Sarebbe legittima invece un’eventuale sanzione prevista dal regolamento scolastico, come una punizione da dare allo studente distratto, “una sanzione” che si ridurrebbe a delle giornate di volontariato o di pulizia degli ambienti scolatici.

Il MIUR rende noto che qualsiasi circolare scolastica, non è una fonte di legge che può andare in contrasto con le norme giuridiche esistenti ma solo un atto ministeriale.

Quindi il sequestro del cellulare, specialmente per gli studenti maggiorenni, costituisce una forma di sequestro improprio che “non può essere esercitato dal docente” e dal momento che la normativa italiana prevede che il sequestro può essere disposto solamente dall’autorità giudiziaria, il docente non è legittimato al ritiro del cellulare, anche nel caso in cui lo studente lo stia utilizzando durante la lezione.

Best Practices

Cyberbullismo scolastico: suggerimenti e buone pratiche

l fenomeno del bullismo digitale non si può più ignorare, soprattutto perchè si accompagna a fenomeni di bullismo nella vita reale che ci sono sempre stati e resistono, nonostante la loro più facile identificazione e prevenzione. Il bullismo sociale espresso a scuola non è molto diverso da quello verbale e fisico espresso altrove, oggi sempre più spesso online e negli spazi sociali del muro delle facce o di Instagram e WhatsApp. Il che fare rimane il problema principale, oggi anche complicato dalle nuove forme che il bullismo assume online e nelle vite digitali di molti ragazzi e ragazze.

Anche se il bullismo nella vita fattuale non è certamente scomparso, oggi tutta l’attenzione è rivolta alle sue manifestazioni digitali, lontano dagli occhi di insegnanti, familiari e adulti. E’ una lontananza che favorisce l’attività, la confidenza nell’impunità, la ferocia dei bulli  e il loro organizzarsi in gruppi o bande, rendendo al tempo stesso più deboli le loro vittime.

Il bullismo digitale a scuola è un fenomeno ora sotto il radar di quasi tutte le scuole e di dirigenti scolastici e insegnanti alla ricerca costante di strumenti per prevenire e gestire il fenomeno nelle loro scuole e in collaborazione con i genitori. In alcuni paesi gli insegnanti sono stati affiancati e sono aiutati da interventi statali e leggi e normative scolastiche utili come strumenti di dissuasione e prevenzione ma pur sempre insufficienti ad arginare il fenomeno.

Rivolgersi alla polizia o alle autorità può rappresentare in alcuni casi, soprattutto quelli più gravi, la soluzione ideale ma prima di arrivare a questa scelta è possibile intervenire in molti altri modi con l’obiettivo di creare una cultura scolastica consapevole del fenomeno del cyberbullismo e meglio attrezzata per contrastarlo, una cultura che punti alla inclusione e alla sicurezza per minimizzare qualsiasi forma di cyberbullismo in classe, a scuola e fuori.

Tra le varie buone pratiche da adottare e sperimentare alcune sono, nella loro semplicità e facilità, alla portata di tutti e valide da suggerire ad altri, anche attraverso il passaparola a voce e la condivisione online.

Stare allerta sempre e monitorare quello che succede online!

Una prima buona pratica è il monitoraggio dell’uso dei media sociali in classe e a scuola che si traducono in comportamenti di bullismo digitale. Il monitoraggio può essere complicato dal limitato tempo a disposizione o per la mancanza di informazioni su come farlo, o ancora per mancanza di risorse adeguate a scuola. Non sarà mai possibile riuscire a tenere sotto controllo le attività online degli studenti ma l’importanza del monitoraggio è reso evidente dal fatto che numerose indagini rivelano come circa il 75% delle azioni di bullismo scolastico è oggi legato alle attività online e all’uso dei media sociali. Anche se non è possibile monitorare tutti i profili degli studenti, lo sforzo deve essere diretto a individuare commenti, immagini, post, e altri contenuti collegabili a comportamenti di bullismo per poi intervenire rapidamente. In alcune scuole il monitoraggio è centralizzato e reso possibile da implementazioni di software ad hoc, anche se non sempre utilizzabile per i vincoli alla privacy.

 

Informare sempre gli studenti delle azioni intraprese a scuola contro il cyberbullismo

Gli studenti devono sapere che sono monitorati e che a essere sotto osservazione sono soprattutto i comportamenti di bullismo. Devono anche sapere che i loro comportamenti non sono liberi da conseguenze ma passibili anche di punizioni severe. Meglio che si loro comunicato in modo chiaro che alcuni comportamenti non sono ammessi nella scuola alla quale sono iscritti e che eventuali violazioni saranno punite severamente. Anche se poi le azioni punitive non saranno esercitate, gli studenti devono percepire fortemente che lo saranno. Il messaggio deve essere comunicato in modo chiaro all’inizio di ogni anno, dal dirigente scolastico nelle assemblee scolastiche e da ogni singolo/a insegnante in classe. Vanno illustrate anche le procedure predisposte per la segnalazione dei casi di bullismo, la loro gestione e le azioni che verranno intraprese. Le stesse informazioni devono essere comunicate e condivise con i genitori, sia attraverso comunicazioni scritte sia verbalmente durante incontri, anche appositi, a scuola. Non si eviteranno i casi di bullismo ma, nel caso si presentassero, essendo informati tutti sapranno meglio come muoversi e agire.

 

Formare e formarsi sul fenomeno apprendendo le buone partiche che servono

Un ruolo fondamentale lo giocano (lo devono giocare) i dirigenti scolastici, sia quelli che hanno già maturato una sensibilità al problema e a maggior ragione quelli che non ne hanno ancora sviluppata una. E’ loro responsabilità fare in modo che il fenomeno del bullismo scolastico sia più facilmente riconoscibile e prevenibile. Affinchè ciò avvenga tutti gli insegnanti, dirigenti compresi, devono essere formati in modo da poter riconoscere per tempo ogni atto di bullismo e le sue vittime. La formazione deve mirare a dare loro gli strumenti adeguati per far emergere dall’invisibilità le vittime che, per vergogna, timidezza o paura, dopo aver subito un atto di bullismo si sono rintanate in un angolo d’ombra per non essere individuate e rimanere nascoste. Saper riconoscere le attitudini e i comportamenti (reticenze nel parlare, fuga dalle attività di gruppo, cambi improvvisi di amicizie o frequentazioni di gruppo, ecc.) delle vittime di bullismo non è una dote naturale di cui tutti sono dotati. Gli insegnanti devono essere formati per allenare la loro capacità a cogliere i sottili segni che evidenziano un’azione di bullismo in atto, a rompere il ghiaccio sull’argomento con la vittima identificata, a parlarne e stabilire un rapporto tale da poter fornire un aiuto concreto alla vittima per superare il trauma o il dramma che sta vivendo. La formazione non può essere estemporanea ma continua, aggiornata e perseverante nel tempo oltre a essere focalizzata anche sulle forme di bullsimo che possono accadere al di fuori della scuola.

 

Favorire, coltivare e sostenere l’empatia dei ragazzi nella loro vita di gruppo

Un’altra buona pratica per prevenire e curare il cyberbullismo digitale è coltivare l’empatia di gruppo e la solidarietà dei ragazzi tra di loro. E’ una buona pratica che punta sugli studenti come una risorsa per curare il cyberbullismo ma anche per contrastare la tendenza dei ragazzi a fare gruppo anche nelle azioni di bullismo. Puntare a usare questo tipo di risorsa obbliga a parlare apertamente ai ragazzi invitandoli a denunciare o segnalare i casi di bullismo di cui sono vittima o sono a conoscenza e a sostenere il loro intervento online a sostegno delle vittime ma soprattutto per contrastare e bloccare sul nascere altre azioni dei cyberbulli. Un commento negativo rivolto al bollo, esposto nelle stesse pagine Web nelle quali l’azione di bullismo è stata esercitata, può comunicare alla vittima di non essere sola e di poter fare affidamento su qualcuno per difendersi o resistere all’azione di bullismo di cui è vittima.

 

Parlare, comunicare e formare i genitori sul fenomeno del cyberbullismo

Infine è buona pratica, nel rilevare una qualsiasi azione di cyberbullismo a scuola, informare sempre i genitori degli studenti e coinvolgerli nelle azioni che servono per bloccare i cyberbulli ma soprattutto per aiutare le vittime a superare i traumi subiti. I genitori devono essere coinvolti immediatamente e fin dall’inizio in modo che possano intervenire rapidamente, ad esempio chiudendo account di Facebook o altri social network per impedire che l’azione di bullismo continui o tragga alimento dall’essere sempre visibile in Rete. Comunicare l’azione di bullismo ai genitori dei cyberbulli è altrettanto urgente e importante. Molti genitori non saranno propensi ad accettare come vera la notizia e cercheranno di rifiutare che a essere coinvolti siano proprio i loro figli. E’ soprattutto in questi casi che l’insegnante può far valere la sua professionalità e capacità educativa per suggerire ai genitori cosa fare nell’aiutare i loro ragazzi, autori forse inconsapevoli di azioni di cyberbullismo capaci di fare notevoli danni su altri ragazzi della loro età. La formazione dei genitori non deve essere necessariamente collegata a fatti di bullismo già avvenuti ma attivata in modo preventivo per dotare i genitori degli strumenti conoscitivi più adatti per aiutare, comunicare e interagire con i loro figli. Tutto ciò deve essere fatto nella convinzione che il fenomeno del cyberbullismo non è facilmente arrestabile e l’unico modo per riuscirci è uscire dalla passività per agire e intervenire ma soprattutto per educare studenti, genitori e insegnanti alle buone pratiche che possono bloccarlo e sconfiggerlo all’interno di ogni scuola.

Fonte: solotablet.it

Come capire se tuo figlio è vittima di atti di bullismo e cyberbullismo

I segnali per capire se tuo figlio è vittima di bullismo

Bullismo e cyberbullismo, le cronache degli ultimi anni raccontano decine di casi di ragazzi vittime di coetanei. Tutte quelle storie di adolescenti presi di mira dal branco – e non solo – raccontano l’urgenza di mettere mano al fenomeno anche da un punto di vista normativo, tenendo a mente che tutti i soprusi e le vessazioni di cui i nostri figli possono divenire vittime o carnefici vengono ampliate a dismisura da internet e dai social network. L’ultima in ordine temporale è quella che pare coinvolgere un 17enne Di Rivoli (Torino). Si tratta di Michele Ruffino, il ragazzo che lo scorso 23 febbraio si gettato dal ponte di Alpignano. Secondo la madre, il perché abbia deciso di togliersi la vita è chiaro. Il figlio sarebbe stato vittima di bullismo per alcuni problemi di salute da cui era affetto dalla tenera età. 

Ma come capire per tempo se il proprio figlio è vittima di bullismo? È importante per i genitori e per gli insegnanti avere a disposizione gli strumenti per comprendere il bullismo, soprattutto capire quando dinamiche di quel tipo riguardano i ragazzi. Per questo è nata la guida del Telefono Azzurro “A prova di bullo”, sviluppata grazie al lavoro di ENABLE – European network against bullying in learning and leisure environments.

Al primo punto fra gli obiettivi, proprio quello di comprendere megliocos’è il bullismo e riconoscerne i segnali. “Con il termine bullismo– si legge nel documento – si fa riferimento ad un comportamento volutamente violento, perpetrato nel tempo da parte di un individuo o un gruppo nei confronti di un altro individuo o gruppo. Il fenomeno è caratterizzato da uno squilibrio di potere – sia esso fisico o psicologico – tra chi compie l’azione e chi la subisce“.

Bullismo: i campanelli di allarme

Esistono dei segnali d’allarme da non sottovalutare che talvolta indicano che il ragazzo è vittima di episodi di bullismo:

• stress emotivo e senso di impotenza nell’affrontare la situazione e tentare di mettervi fine;
• maggior rischio di sviluppare disturbi mentali, come ansia o depressione;
• manifestazione di tendenze autolesioniste, o persino suicide;
• calo del rendimento scolastico e difficoltà a socializzare.

Le ripercussioni di simili episodi secondo gli studiosi si manifestano a lungo termine anche in età adulta. Una ricerca recente – il progetto EU NET ADB realizzato interpellando un campione rappresentativo di giovani europei di età compresa tra i 14 e i 17 anni – rivela che il 21,9% degli intervistati è stato vittima dei bulli.

Insomma, una vera e propria emergenza della quale anche Tuttoscuola ha deciso di occuparsi, diffondendo il messaggio di Telefono Azzurro e fornendo quindi una sorta di vademecum per genitori e docenti. Come capire se un ragazzo è vittima, come se è diventato carnefice, come insegnare ai ragazzi a navigare su internet in sicurezza.

Fonte: tuttoscuola.com

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No al bullismo e Cyberbullismo

No al bullismo e al cyberbullismo

Sei uno studente della provincia di Sondrio? rispondi al questionario, totalmente anonimo, appositamente realizzato per studiare il fenomeno legato al bullismo e cyberbullismo nel nostro territorio.


Area Riservata: 
se sei uno studente, un genitore,  un docente o un referente di una scuola della provincia di Sondrio registrati per entrare nell’area riservata del sito. Potrai ricevere informazioni aggiornate sulle attività del gruppo di lavoro, specifiche indicazioni per conoscere e combattere il fenomeno del bullismo e cyberbullismo, disporre di un’area dedicata alla comunicazione con il team, avere informazioni personalizzate in linea con il tuo profilo di accesso e le tue esigenze.

GAP e Deep Web: le nuove frontiere del crimine on line

Internet, come lo conosci, è un mondo vastissimo, pieno di social network e siti di vario tipo tutti accessibili tramite i più comuni motori di ricerca.
E se ti dicessi che Google (Il motore di ricerca più usato al mondo) contenga solo il 2% di Internet? Strano vero? Ma cosa si trova nell’altro 98%?

Internet viene diviso in due parti, una opposta all’altra, di solito rappresentate con l’immagine di un iceberg, proprio perché l’iceberg ha una piccola parte in superfice (COMMON WEB) e tutto il resto nascosto sott’acqua (DEEP WEB).

Nella prima parte (2%) troviamo i social network, i siti di gioco online e varianti che compongono solo una piccolissima parte di Internet, circa 2 miliardi di informazioni.

Nella seconda parte, chiamata “DEEP WEB” o “La parte strana di Internet” (98%), invece, si trova la maggior parte delle informazioni contenute in Internet, precisamente più di 550 miliardi di informazioni.

Ora, perchè esiste questo DEEP WEB? Cosa nasconde?

Nel DEEP WEB si trovano i siti più disumani al mondo, tra cui possiamo trovare siti pedopornograficisiti di spaccio e siti per la vendita di armi.

In poche parole, siti illegali impossibili da bloccare dalle forze dell’ordine, le quali vengono spesso corrotte o talvolta anche minacciate dai creatori dei siti contro legge.

La cosa più strana è che perfino l’FBI usa il DEEP WEB per ricavare il maggior numero di informazioni utili per scovare e catturare criminali o addirittura terroristi. Anche Anonymous, un famoso gruppo hacker, ha provato a violare vari siti di pedofilia, ma il sistema di protezione delle pagine è così alto che neanche loro sono riusciti ad entrarci. Ma il motivo principale per cui questi siti sono impossibili da bloccare è che ne sono troppi. Talmente tanti che per ogni sito chiuso ne vengono aperti cento.

Nel DEEP WEB gli utenti posso comprare qualsiasi tipo di droga e arma, ma non con una semplice moneta, bensì con il BitCoin. Il BitCoin è una moneta creata proprio all’interno del DEEP WEB e può essere addirittura usata al di fuori di esso, proprio per facilitare transizioni commerciali e renderle impossibili da rintracciare. Grazie al BitCoin nel DEEP WEB vengono generati più di 89mila dollari in transazioni, cifra risalente a più di un anno fa, ciò significa che, al giorno d’oggi, questa cifra possa essersi raddoppiata.

Uno dei virus più forti ed inquietanti del DEEP WEB è quello che riesce a controllare le webcam a distanza, permettendo agli hacker di ricevere tutto quello che viene ripreso. Questo tipo di virus si trova nei siti più pericolosi: in alcuni di questi siti ci sono vari tipi di servizi quali cannibaliserial killerpedofili e mercenari disposti ad operare in diretta sotto pagamento. I più paurosi sono i mercenari, disposti ad uccidere chiunque tu voglia, addirittura la tua famiglia, per prezzi a partire da 100mila dollari.

Per chiunque voglia avventurarsi, basta scaricare il Browser “Tor” ed entrarci. I siti presenti non usano i normali protocolli di rete come ad esempio http bensì codici formati da numeri e lettere che cambiano continuamente per rendere difficile la memorizzazione.

Fortuna e gioco d'azzardo

Le app nella simulazione del gioco d’azzardo – La matematica sociale

2 Aprile 2018 Commenti disabilitati su Le app nella simulazione del gioco d’azzardo – La matematica sociale By AdminGB

Avviso ai giocatori, nel Paese che spende di più per macchinette e gratta e vinci: l’unica certezza, nel lungo periodo, è la sconfitta.
Perché chi gioca non conosce la matematica.
Mentre chi ci guadagna, sì e la sa usare molto bene.

11,5 milioni di euro al giorno. 
Questo il giro d’affari delle 12mila sale da gioco virtuali e illegali di proprietà di Luigi Tancredi, arrestato il 14 gennaio insieme ad altre dieci persone.
Gli inquirenti sostengono che quel denaro servisse a pagare gli stipendi del clan camorrista dei Casalesi.
Una piccola parte di quel denaro, ovviamente. 
Perché 11,5 milioni di euro al giorno sono più o meno quanto Zlatan Ibrahimovic guadagna in un anno. 
E sono pari a circa 4,2 miliardi di euro all’anno, più o meno quanto il governo stanzierà ogni anno, da qui al 2020, per combattere l’inquinamento e i cambiamenti climatici.

La cosa buffa, però, è che queste cifre iperboliche non sono che la punta dell’iceberg del giro d’affari del gioco – “d’azzardo” non si potrebbe dire, teoricamente – in Italia: un settore che muove un giro d’affari di circa 80 miliardi di euro.
Giro d’affari che più che raddoppia, se ci mettiamo anche i 130 miliardi stimati che muove il gioco illegale e clandestino.

Nessun Paese al mondo gioca quanto l’Italia. 
Secondo il Global Gaming and Betting Consultancy, nel 2014 gli italiani hanno perso al gioco 17,8 miliardi di euro.
Una cifra che, in valore assoluto, fa di noi il quarto paese più “spennato” al mondo e che dal 2001 è triplicata.
Grandi protagonisti della nostra ludopatia sono le slot machine e i gratta e vinci. 
Se si considerano le sole macchinette, siamo il paese che gioca di più al mondo. E un gratta e vinci ogni cinque stampati nel pianeta viene acquistato in Italia.

Insomma: siamo un’anomalia.
E secondo Marco Verani, professore di matematica al Politecnico di Milano, la causa è soprattutto una: «Siamo un Paese di analfabeti matematici – spiega -, in cui un sacco di gente ammette di non capire nulla di matematica, senza prova il senso di vergogna o disagio che mostrerebbe se dicesse che non sa leggere o scrivere. Il pensiero scientifico, in Italia, non viene visto come uno strumento che serve per navigare la realtà».
Tranne, ovviamente, da chi progetta e guadagna con il gioco, che la matematica la conosce eccome.

Così Verani, insieme ad alcuni colleghi professori e ricercatori, ha creato Bet on math, un progetto finanziato dal 5 per mille del Politecnico di Milano che lui stesso definisce di “matematica civile”: «Vogliamo fornire ai ragazzi, ma non solo, un percorso di insegnamento della probabilità per dar loro gli strumenti per interpretare il gioco e l’azzardo da un punto di vista razionale, non magico. 
Vogliamo far capire loro quanto sia facile perdere e quali siano gli errori logici attraverso cui si finisce per buttare via un sacco di soldi in macchinette e gratta e vinci, fino a diventarne dipendenti».

Si tratta, soprattutto, di lavorare attorno a tre concetti chiave, il primo dei quali è quello di probabilità.
Il motivo è piuttosto semplice: se è relativamente semplice, anche per un bambino, quantificare cosa significhi avere il 50% di probabilità che un determinato evento accada è molto più difficile capirlo quando le cifre diventano infinitamente superiori: «Per un tipo di Gratta e Vinci che si chiama “Il Miliardario” vengono emessi ogni anno 30 milioni di biglietti – spiega Verani -. Cinque tra loro valgono 500mila euro. La probabilità di vincere è una su sei milioni, quindi. È tanto? È poco? Davanti a un numero così piccolo la gente è un po’ persa».

Così Verani ricorre a un esempio: «Un gratta e vinci è lungo 15 centimetri – spiega -: se ne mettiamo sei milioni uno accanto all’altro, otteniamo una fila lunga 900 chilometri, la distanza che separa Milano da Monopoli, in Puglia. Una fila in cui c’è solo un biglietto vincente. Ecco cosa vuol dire uno su sei milioni».

Non è solo una questione di probabilità, tuttavia.
Perché quando non sono gli ordini di grandezza a contare intervengono altri meccanismi psicologici che sospendono la razionalità e convincono il giocatore a tentare la sorte.
Con le slot machine, ad esempio, il diavolo tentatore si chiama “quasi vincita”: «Accade spesso che, anche in caso di sconfitta, il simbolo immediatamente successivo o precedente a quello che è uscito sia quello che avrebbe garantito una vincita – spiega Verani -..
Quando accade il giocatore ha la percezione di aver quasi vinto, di esserci andato vicino e questo lo spinge a giocare di nuovo».

Peccato che la quasi vincita non esista, è un pensiero irrazionale, perché ogni giocata è indipendente dalla precedente, in qualunque gioco.
E ci caschiamo più spesso di quanto crediamo: «Stiamo giocando a testa e croce e dieci volte di fila viene fuori testa. All’undicesimo lancio ti chiedo di scommettere. Tu cosa scommetteresti?», chiede Verani. Di pancia, la risposta è immediata: croce: «Sbagliato. C’è la stessa probabilità che esca testa o croce. La legge dei grandi numeri non esiste, nel gioco. Non esiste alcun riequilibrio nella matematica, nessuna compensazione».

Una sola cosa è certa, a ben vedere: la sconfitta. 
Ed è questo il motivo per cui chi di mestiere fa il “banco” guadagna così tanto: «Nel lungo periodo la macchinetta, in media, ti restituisce il 75% di quello che giochi – racconta ancora Verani -. È un gioco iniquo. Tutti i giochi d’azzardo sono iniqui». Anche i gratta e vinci: «Il costo del biglietto è di 5 euro e il premio medio è 3,5 euro – continua -Se tu continui a giocare tutti i giorni, la sicurezza che hai è che per ogni 5 euro che spendi te ne tornano 3,5».

Per far comprendere questa evidenza, Verani e i suoi colleghi hanno creato un simulatore dei diversi giochi, una app per lo smartphone. Serve a dimostrare, senza perdere soldi, che con un numero alto di giocate si perde sempre: « Perché chi gioca poco, o poco alla volta, non ha la minima percezione di questo. La fortuna non esiste, nel lungo periodo. Il gioco è studiato perché alla lunga non puoi che essere sfortunato». Alla faccia del folklore, del pensiero magico e dei quadrifogli nel taschino.

Azzardopatia

Il gioco d’azzardo on line: gli scenari preoccupanti anche per la provincia di Sondrio

I dati che riguardano il gioco d’azzardo in Italia, sono cresciuti in maniera piuttosto evidente dal 2013 al 2017.
Si è passati infatti dai 79 miliardi di euro che era stati spesi nel 2013 agli 84 dell’anno precedente. 
Gli ultimi dati pubblicati nel 2017 ma che riguardano l’anno precedente ci dicono di un volume d’affari che si aggira attorno ai 96 miliardi di euro, che sono stati spesi tra la fine del 2015 e l’intero 2016.
Bisogna però fare chiarezza su quello che riguarda il gioco, visto che la spesa non corrisponde direttamente alle cifre reali.
Come ha sostenuto Giovanni Risso, presidente Fit, bisogna fare una distinzione inevitabile tra le cifre reali e quello che un giocatore mediamente spende, che si aggira attorno ai cinquanta centesimi.
Ha sicuramente contribuito a creare questa disinformazione il dossier pubblicato dal Gruppo Gedi, l’Italia delle Slot.
Lo studio, che di suo è molto interessante e ci mostra alcuni dati, seppur parziali, è stato interpretato però male dai più.
Partiamo da un fatto: riguardava esclusivamente le giocate fatte sulle macchinette VLT e AWP, mentre chi gioca non si limita certo alle slot machine.
La maggior parte della spesa che riguarda il 2016 vede in effetti scommesse sportive, lotterie e gratta e vinci in testa a tutti i dati.
Questo vuol dire che demonizzare il gioco d’azzardo è un luogo comune da sfatare.
Specialmente quanto entriamo maggiormente nel dettaglio e scopriamo come funziona il gioco online attraverso i cosiddetti casinò di tipo virtuale.
C’è un vero e proprio cambio di categoria, che usufruisce di questi giochi.
Cambiando le modalità questo è un fatto piuttosto evidente e normale.
Il giocatore da casinò online ha un livello di consapevolezza e di dimestichezza certamente maggiore, rispetto a chi gioca alle slot e ai videopoker da locale fisico e terrestre.
La cosa però più importante da evidenziare è un’altra: la vincita che si riceve attraverso il casinò online è maggiore rispetto al gioco effettuato nelle sale da gioco terrestri.
Questo favorisce il gioco virtuale, rendendolo maggiormente soddisfacente per diversi motivi. Si tratta in effetti di una questione di praticità, visto che è possibile giocare in ogni momento e in qualsiasi contesto.
Le ragioni per cui sempre più utenti scelgono di giocare online sono in effetti diverse. Da quando il gioco è stato legalizzato e liberalizzato il numero di utenti è cresciuto di anno in anno.
In un primo momento questo pubblico targetizzato era collegato al fenomeno del poker online e della sua variante spettacolare chiamata Texas Hold’Em.
Successivamente vi è stata un’apertura verso tutti gli altri giochi, passando dalla roulette, gioco considerato dai più come il più avvincente, passando per le varie slot online fino al Blackjack, che negli ultimi tempi ha superato come consenso anche il poker, e gode di ottimo momento di popolarità.
Le riviste e i siti dedicati all’argomento si sono moltiplicati negli ultimi tempi ma esistono dei portali che da anni sono un punto di riferimento per il settore, su AskGamblers potrete trovare una selezione dell’ultimo grido dei migliori casinò dell’industria dell’iGaming, un sito che resta tra i più quotati nella selezione e recensione dei vari operatori.
Esattamente che cosa rende i nuovi casinò online tanto attraenti? Ci sono diverse ragioni che possono spingere un nuovo utente a provare un casinò online, ma principalmente riguardano sempre bonus di benvenuto e promozioni esclusive.
Attirare nuovi clienti è lo scopo che un casinò online si deve prefissare e dovrà ottenere.
Tuttavia oggi la concorrenza è davvero elevata, in un settore che negli ultimi 5 anni è cresciuto in maniera programmatica ed esponenziale.
Difficile prevedere cosa accadrà da qui ai prossimi anni.
Sicuramente nel tempo sono cambiate le modalità di gioco, visto che sempre più utenti e gamblers prediligono oggi il gioco tramite smartphone e tablet.
Il casinò quindi conosce una nuova era dettata dalla tecnologia digitale mobile.
Sempre più spesso si parla in effetti di gioco mobile che viene eseguito durante le pause lavorative, in treno o mentre si aspetta qualcuno, per ingannare il tempo.
Un nuovo modo di concepire quindi il gioco d’azzardo e una nuova rivoluzione digitale che è già in atto.
I casinò più attrezzati saranno quindi quelli che verranno scelti dai giocatori del domani.

In provincia di Sondrio i dati sono preoccupanti.
Nel 2016 sono stati giocati 306 milioni di euro con una spesa pro capite di 1.698 euro. Duecentotrentaquattro milioni, il 76%, è finito nelle macchinette: slot machine e videlottery. Ne abbiamo 613. Una ogni 116 abitanti.

Il raffronto con il dato nazionale è preoccupante. Qui abbiamo una raccolta complessiva di 96 miliardi. Nelle macchinette finisce il 50% delle giocate ed è presente un apparecchio ogni 180 abitanti. «Un dato interessante riguarda non tanto la spesa pro capite ma quella pro capite dei maggiorenni. Cioè di chi ha l’età legale per giocare. Abbiamo una spesa di 1.573 euro a livello nazionale, di 1.748 a livello regionale per passare a 2.042 euro spesi in provincia di Sondrio. Il dato chiavennasco parla di una spesa di 4.004 euro».

Alla fine è arrivata una proiezione in base ai calcoli percentuali effettuati a livello nazionale. In provincia di Sondrio la stima parla di 1.800 persone considerabili giocatori problematici e 700 giocatori patologici. A livello chiavennasco la somma supera le 100 persone.
Smettiamola di chiamarla ludopatia. Un termine che trovo fuorviante e ambiguo perché associato al gioco, che dovrebbe avere un carattere libero, formativo e socializzante. Meglio chiamarla “Gioco d’azzardo patologico” oppure “Azzardopatia”.