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Vittime Cyberbullismo

Nell’ultimo anno 6% dei ragazzini vittime cyberbullismo

Sono il 6% i ragazzi dai 9 ai 17 anni che sono stati vittime di cyber-bullismo nell’ultimo anno, il 19% quelli che vi hanno assistito. Lo ha riferito il Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti, durante la sua audizione in Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza nell’ambito dell’indagine su bullismo e cyberbullismo.

I dati si riferiscono alla ricerca EU Kids Online 2019, realizzata dal Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in collaborazione con il Ministero. Secondo l’indagine è aumentata la percentuale di giovani che vivono esperienze negative navigando sulla rete internet: “Siamo passati dal 6% del 2010 al 13% nel 2017”. L’indagine è stata realizzata su un campione rappresentativo di circa 1000 ragazze e ragazzi dai 9 ai 17 anni. Il 31% degli intervistati tra gli 11 e i 17 anni ha dichiarato di aver visto online messaggi d’odio o commenti offensivi contro un individuo o un gruppo.

Di fronte a tali messaggi il sentimento più diffuso è la tristezza seguita da rabbia, disprezzo, vergogna. “Nonostante questo, tuttavia, – ha fatto notare il ministro – il 58% del campione afferma di non aver fatto nulla per difendere la vittima. Dall’indagine emerge, inoltre, che è ancora alto il numero di ragazzi che sono indifferenti ai rischi della rete internet; sono, infatti, circa il 35% coloro che ignorano il problema sperando si risolva da solo”. Solo il 10% modifica le proprie impostazioni di privacy in seguito a un’esperienza negativa. Più bassa ancora, solo il 2%, la percentuale di coloro che segnalano contenuti o contatti inappropriati ai gestori delle piattaforme. Ma se si decide di rivolgersi a qualcuno, ci si indirizza ad amici (47%) o genitori (38%).

Fonte: Ansa.it

Istagram Stop Bulli

Instagram dichiara guerra al bullismo: in arrivo nuove funzioni contro messaggi molesti

La vittima potrà bloccare i post molesti in maniera trasparente per l’autore e tramite l’intelligenza artificiale saranno riconosciuti in automatico i post offensivi, con conseguente invito a riflettere.

Instagram dichiara guerra al cyberbullismo. Il social ha annunciato una nuova funzione per tenere a distanza i bulli. Si chiama “restrict” e sarà testata a breve. Consente alle vittime di oscurare i messaggi del molestatore senza che ne venga al corrente. Una volta che gli utenti decidono di “limitare” un bullo, i suoi commenti ai loro post vengono oscurati, risultando leggibili solo al bullo stesso. Le vittime possono però renderli visibili decidendo di volta in volta se approvarli. Sul social è già possibile bloccare i molesti. Tuttavia – spiega in un post Adam Mosseri, a capo di Instagram – “i giovani sono riluttanti a bloccare o segnalare il loro persecutore, perché ciò potrebbe aggravare la situazione, specialmente se interagiscono con lui nella vita reale”. Da qui il nuovo strumento. In aggiunta, Instagram da alcuni giorni sta sperimentando una funzione basata sull’intelligenza artificiale, che avverte gli utenti se il commento che stanno per pubblicare rischia di essere offensivo. In pratica si dà modo alle persone di riflettere e di fare marcia indietro prima di postare un messaggio. 

Fonte: RaiNews 

Cyberbullismo - L71/2017

Cyberbullismo, docenti devono denunciare. Come procedere

Gianfranco Scialpi – Cyberbullismo, confermato l’obbligo di denuncia da parte dei docenti ed eventualmente del referente per il contrasto (L.71/17). Senza se e senza ma! Essi sono pubblici ufficiali. Cosa fare anche per non incorrere nella culpa in vigilando.

Cyberbullismo luci e ombre della legge 71/17

Cyberbullismo, l’entrata in vigore della legge 71/17 ha confermato il bullismo online come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on-line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso o la loro messa in ridicolo”(art. 1 comma 2).

Nulla di nuovo sotto il sole! In altri termini, la legge non ha inventato il reato di cyberbullismo, bensì lo ha inserito in altri già previsti dal nostro ordinamento (aggressione molestia, ricatto…).

La legge 71/17 risulta innovativa, invece nella nomina del referente al contrasto del fenomeno (art. 4 comma 3) e nell’obbligo di ogni istituto a formulare e approvare una sezione del Regolamento d’Istituto dedicata al contrasto del fenomeno (art.5 comma 2). Il suddetto documento deve formalizzare i comportamenti vietati e quelli consentiti. Per dare forza e efficacia ai divieti è necessario prevedere delle sanzioni graduali.

Uno dei limiti della legge è il non aver inserito il bullismo fisico, che in alcuni casi precede quello virtuale. La vicenda di Carolina Picchio (il tragico epilogo ha avviatola formulazione e l’approvazione della Legge 71/17) docet!
La legge 71/17 aggiorna l’obbligo denuncia

Il quadro normativo descritto impone ai docenti e al referente per il contrasto al cyberbullismo un aggiornamento dei loro obblighi di denuncia. Non sono richiesti nuovi impegni, ma solo continuare ad attuare quelli inerenti il loro profilo giuridico di pubblici dipendenti. Recita l’art. 357 del codice penale “agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali, coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa“. Una conferma di questo profilo proviene da una sentenza della Cassazione (15367/2014) : “l’insegnante…è pubblico ufficiale e l’esercizio delle sue funzioni non è circoscritto alla tenuta delle lezioni, ma si estende alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri con i genitori degli allievi ”

Da qui discende l’obbligo di riferire e formalizzare al proprio Dirigente scolastico qualsiasi vicenda di bullismo fisico e cyberbullismo che il docente viene a conoscenza. Lo prevede l’art. 361 del Codice penale “Il pubblico ufficiale , il quale omette o ritarda di denunciare all’Autorità giudiziaria, o ad un’altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni , è punito con la multa da trenta euro a cinquecentosedici euro.”

Cosa fare concretamente?

Scendendo di livello, come occorre comportarsi? Innanzitutto, il docente che viene a sapere di casi cyberbullismo deve scrivere una relazione circonstanziata e supportata da prove. La stesura formale può prevedere il contributo del Referente per il contrasto al cyberbullismo. La relazione deve essere indirizzata al Dirigente Scolastico e per presa visione al referente per il contrasto al cyberbullismo.

E’ consigliata la richiesta del numero di protocollo della relazione, che certifica la consegna o l’invio della relazione, cautelando il docente contro l’omessa denuncia.

A questo punto il Dirigente Scolastico, dopo aver effettuato le sue ricerche finalizzate alla conferma della vicenda formalizzata, deve valutare l’invio o meno della relazione agli organi giudiziari preposti.

Sicuramente l’azione della scuola può svilupparsi parallelamente convocando il consiglio di classe con la presenza dei genitori del/i bullo/i coinvolto/i (“Culpa in educando”) o di Istituto per applicare la sanzione prevista nella sezione del Regolamento dedicato al contrasto del cyberbullismo.

Indubbiamente le decisioni prese dall’Istituto e messe in atto anche dal docente coinvolto sollevano quest’ultimo dalla culpa in vigilando. E non è poco!

Orizzontescuola

Carolina Picchio

Scuola, nasce il premio nazionale di laurea sul bullismo dedicato a Carolina Picchio

Il premio, 1000 euro, si rivolge ai laureati tra il 2017 e il 2018 nelle facoltà di Psicologia, Scienze dell’Educazione, Programmazione e gestione dei servizi educativi o Scienze dell’Educazione in qualunque Ateneo italiano

L’Università di Pavia bandisce il primo premio di laurea dedicato a Carolina Picchio, la prima vittima riconosciuta di cyberbullismo in Italia.

Il premio – 1000 euro – è messo a disposizione dal padre di “Caro”, Paolo Picchio, oggi presidente onorario di Fondazione Carolina. Si rivolge ai laureati tra il 2017 e il 2018 nelle facoltà di Psicologia, Scienze dell’Educazione, Programmazione e gestione dei servizi educativi o Scienze dell’Educazione in qualunque Ateneo italiano. Per partecipare bisogna aver discusso una tesi sul tema “prevenzione e contrasto alle relazioni aggressive nel contesto scolastico”. Le domande di partecipazione dovranno essere inviate entro il prossimo 19 marzo secondo le modalità indicate sul sito www.unipv.eu nella sezione “premi di studio”.

“Promuovo con orgoglio e commozione questa iniziativa – commenta paolo Picchio – che ha il merito di sostenere i giovani che studiano per cimentarsi nella pratica più importante, ma al contempo più sottovalutata, dedicata alla comunità: l’educazione”. Papà Picchio guarda al futuro con la forza del sorriso di Carolina: “Mia figlia avrebbe senza dubbio intrapreso gli studi di Psicologia, probabilmente specializzandosi in Pedagogia, perché il paradosso più grande della sua storia, diventata oggi la storia di tutti noi, è nella sua gioia di vivere e nel suo amore per i bambini”. Proprio il dipartimento di Psicologia dell’Università di Pavia, da circa un anno, ha stipulato un protocollo di collaborazione con Fondazione Carolina per il monitoraggio dei fenomeni legati al bullismo e al cyberbullismo. “Particolarmente proficua la collaborazione con il laboratorio di Ricerca diretto dalla Professoressa Maria Assunta Zanetti – spiega Ivano Zoppi, direttore generale di Fondazione Carolina – in particolare per la definizione di percorsi di formazione rivolti agli adulti con responsabilità educative”. Per parlare ai ragazzi bisogna innanzitutto vivere con loro. “Condividere è la nostra parola magica – conferma Zoppi – in grado di aprire le porte del confronto intergenerazionale, del rapporto tra genitori e figli, del rapporto tra educatori e studenti; solo compartecipando alla loro crescita, dentro e fuori la rete, è possibile trasmettere quei valori universali alla base della formazione dell’individuo”.

Fonte: novaratoday.it

L’innovazione è decisiva per governare il cambiamento

È una sfida che non si vince semplicemente acquistando tecnologia o introducendo nuovi contenuti o obiettivi formativi. Si vince sviluppando spirito critico e responsabilità, si vince investendo con decisione sulla cura della qualità, che riguarda l’organizzazione, la didattica e l’innovazione metodologica. Si vince puntando sulle competenze”. Lo ha detto la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, intervenendo nel corso di “Futura”, la tre giorni di dibattiti, laboratori, racconto di buone pratiche sul Piano Nazionale Scuola Digitale, in corso a Bologna.

“A scuola ci sono già tantissimi device – ha osservato – il tema è regolarli. Questa è anche la condizione non solo per dare gli strumenti, accompagnare nell’utilizzo del digitale ma significa anche educare a tempi e modalità di contenuto nell’utilizzo dei device”.

Il Ministro ha dato, quindi, il via al’utilizzo degli smartphone in classe, ma ha precisato che potrà essere usato per fini didattici ad esempio, “potrà essere usato” tra le altre cose “per documentare, con video e foto, una gita, per tracciare percorsi col Gps durante una visita, per conoscere, grazie alle mappe, una città”.

Però, ogni scuola potrà decidere in piena autonomia, infatti “questo diventerà un elemento che noi forniamo alle scuole sapendo che ogni scuola rimane nella sua autonomia e ogni insegnante nella sua libertà didattica di insegnamento”.

La Ministra ha annunciato un investimento da 25 milioni di euro per la formazione delle e degli insegnanti sulla cultura, i temi, le metodologie digitali. “Rispondiamo così ad una delle criticità della prima fase del Piano Nazionale Scuola Digitale, la formazione delle e dei docenti – ha sottolineato -. Lavoriamo per fornire a tutte e tutti i docenti le stesse opportunità di aggiornamento, per metterli nelle condizioni di abbracciare progressivamente l’innovazione e il digitale come chiavi per affrontare il cambiamento e poter così accompagnare sempre meglio la crescita di studentesse e studenti”.

Oltre 3.000 le docenti e i docenti iscritti ai laboratori, più di 2.000 i visitatori, 3.000 i metri quadri messi a disposizione per la manifestazione. Questi i numeri di “Futura”, che si chiuderà domani sera. Oggi pomeriggio l’evento istituzionale con la MinistraValeria Fedeli, aperto dai saluti del Sindaco di Bologna, Virginio Merola, e dell’Assessore alla Scuola, Formazione professionale, Università e Ricerca, Lavoro della Regione Emilia-Romagna, Patrizio Bianchi. L’evento è stato trasmesso in diretta sulla pagina Facebook del Ministero ed è stato visto da oltre 22.000 utenti u

nici.

“Grazie al Piano Nazionale Scuola Digitale l’innovazione è diventata possibile in ogni scuola e tantissime istituzioni scolastiche sono già in grado di mostrare esperienze di innovazione – ha sottolineato la Ministra -. Oggi quelle digitali sono competenze indispensabili per stare con consapevolezza e positività nel mondo globale, per non subire i cambiamenti, per governarli e orientarli su prospettive utili al Paese. La natura dell’innovazione, della scuola e per la scuola, è quindi prima di tutto culturale”.

Fonte: Orizzontescuola

Decalogo-device

Allegati

Ragazzi e internet, una guida per evitare di cadere nelle maglie della rete e per uscirne

Fonte: http://www.repubblica.it

La chiave è essere più consapevoli. Dalle dipendenze al cyberbullismo, fino al sexting: quali sono i comportamenti patologici o rischiosi, come riconoscerli e intervenire. Una guida contenuta nel nuovo libro Adolescenti nella rete.

 
CYBERBULLISMO, dipendenza, relazioni virtuali: il web in certi casi può diventare una trappola, soprattutto per gli adolescenti, in una fascia d’età ancora molto fragile. Non è un caso che oggi sia appena stato pubblicato, sulla rivista European Neuropsychopharmacology, il Manifesto per la creazione di una rete di ricerca a livello europeo dedicata ai temi del bullismo, del gambling, della pornografia e anche all’uso eccessivo dei social. Perché può capitare di cadere e rimanere imbrigliati nelle maglie della rete: l’importante è riuscire a chiedere aiuto e intervenire tempestivamente. Oltre a questo manifesto, per guidare insegnanti, genitori e gli stessi ragazzi a comprendere meglio il mondo di internet, i suoi vantaggi e i pericoli, dal 25 ottobre arriva in libreria Adolescenti nella rete. Quando il web diventa una trappola (L’Asino d’oro Edizioni, collana Bios/Psiché Adolescenza, 14 euro), un testo che si propone come guida chiara per districarsi dagli intrecci della rete. Come? Prima di tutto conoscendola.

 
LE CAUSE DI UN USO IMPROPRIO
Se da un lato famiglia, educatori e giovani non devono mai abbassare la guardia, dall’altro lato non deve esserci allarmismo e paura nell’utilizzo di internet, che rimane un mezzo utile dal punto di vista dell’apprendimento e della condivisione rapida delle informazioni, come spiega Assunta Amendola, psicologa dell’età evolutiva – che insieme ai colleghi e psicoterapeuti Beniamino Gigli e Alessandra Maria Monti ha scritto il libro – ricordando che la maggior parte degli adolescenti ne fa un uso piuttosto appropriato e non patologico. “Soltanto in determinati casi possono manifestarsi problematiche serie, come dipendenze o cyberbullismo, con effetti anche gravi, dall’isolamento sociale alla depressione, fino al suicidio”, chiarisce Amendola, “problemi che però non sono causati di per sé da internet o dai videogiochi, ma che rappresentano la spia di un disagio o di una condizione patologica preesistente”.
Non soltanto abusi, violenze fisiche e traumi manifesti subiti dal bambino, possono essere responsabili di comportamenti violenti o patologici: “Spesso si tratta invece di carenze invisibili nella sfera affettiva, vissute in una fase molto precoce, di cui non si ha memoria cosciente, come quella neonatale o della prima infanzia, in cui nonostante un accudimento materiale corretto da parte delle figure parentali la relazione può essere priva di una profonda dimensione affettiva essenziale per un corretto sviluppo psico-fisico, secondo la teoria dello psichiatra Massimo Fagioli”.

 
DAL CYBERBULLISMO AL SEXTING
Passando dalle cause ai problemi, uno degli esempi più manifesti e noti è quello del cyberbullismo, spiega l’esperta, che può avere conseguenze devastanti anche più del bullismo tradizionale, vista la rapidità e la capillarità di internet nel diffondere le informazioni. “In una classe di scuola media superiore è capitato il caso di un ragazzo, cui era stato attribuito, come se lo avesse scritto lui stesso, un messaggio di testo dal contenuto offensivo, dunque una forma di cyber-calunnia con diffamazione”, racconta Amendola. “In questo caso, in primo luogo lo studente, supportato dai genitori, ha semplicemente spiegato, sulla chat stessa, di non essere l’autore di quel messaggio, ma di essere stato vittima di bullismo: un esempio di azione immediata ed efficace, che spesso gli adolescenti non sono in grado di compiere, a causa della vergogna o di altri meccanismi psicologici, considerando anche la fragilità tipica di questa età”. Ma se si tiene l’accaduto per sé, per paura o imbarazzo, il rischio è che la situazione peggiori o si complichi, con effetti negativi maggiori per la vittima. Al di là dell’episodio specifico, inoltre, se l’insegnante o il genitore si accorge di un problema – sia che l’adolescente ne sia vittima sia che ne sia autore – è bene chiarire in prima battuta con lui attraverso il dialogo, prosegue l’esperta, perché a volte si tratta di azioni frutto di fraintendimenti o errori che soprattutto a questa età possono capitare.
Un comportamento da evitare secondo l’esperta è poi quello del sexting, ovvero la trasmissione di informazioni, immagini, testi e video con contenuti a sfondo sessuale. “In questo caso raccomandiamo ai ragazzi di non diffondere mai tramite piattaforme internet, neanche fra amici, contenuti personali e intimi che non desiderano rendere pubblici”, rimarca Amendola. “Può accadere infatti che questi messaggi circolino all’interno di una cerchia di persone più ampia, volontariamente o involontariamente, e abbiano una diffusione molto maggiore di quella che immaginano i ragazzi, molto spesso inconsapevoli della potenza del mezzo: altra ragione per cui famiglia e scuola devono assolutamente avere un ruolo educativo anche su come funziona la rete”.

 
RELAZIONI VIRTUALI
Anche le relazioni virtuali, tramite chat, applicazioni e social media possono in certi casi assumere tratti patologici. “Quando i rapporti virtuali sono limitati nel tempo e nello spazio della mente, questo di per sé non rappresenta un problema – spiega Amendola –. Quando invece ci si accorge, ed è bene prestare un’elevata attenzione, che l’adolescente si isola completamente dalle relazioni e da una socialità reale e sana, oppure che dedica tutto il tempo libero a queste chat, allora l’abitudine assume caratteristiche di una vera e propria patologia, per cui può essere necessario chiedere un aiuto esterno, psicoterapeutico o psichiatrico”. Sempre ricordando, sottolinea l’esperta, che i rapporti virtuali non sono veri rapporti, dato che non c’è un contatto fisico, emozionale e affettivo reale, che avviene soltanto dal vivo. E senza dimenticare che si può incorrere in numerose minacce, fisiche e psicologiche, dato che tramite la rete chiunque può assumere una falsa identità e tendere inganni e trappole anche molto pericolosi.

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Dipendenza da web, i ragazzi controllano lo smartphone 75 volte al giorno

(Fonte: http://www.repubblica.it)

Ma anche i genitori sono ‘schiavi’ della rete. Il 2 dicembre è la prima Giornata Nazionale sulle dipendenze tecnologiche e sul cyberbullismo. Dai dati di un sondaggio emerge che anche gli adulti sono iper­connessi e non riescono a fare a meno di internet.

 
IL 51% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni ha difficoltà a prendersi una pausa dalle nuove tecnologie tanto da arrivare a controllare in media lo smartphone 75 volte al giorno. Addirittura il 7% lo fa fino a 110 volte al giorno. È quanto emerge da un recente sondaggio online condotto dall’Associazione Di.Te. (Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullism) su un campione di 500 persone di età compresa tra i 15 e i 50 anni. I dati saranno presentati il 2 dicembre, quando si svolgerà la prima Giornata nazionale sulle dipendenze tecnologiche e il cyberbullismo organizzata
dall’Associazione Nazionale Di.Te. in collaborazione con la Cooperativa Sociale Vivere Verde Onlus, con l’obiettivo di porre l’attenzione sulle dipendenze tecnologiche e sul loro corretto utilizzo, oltre che sui rischi che queste possono provocare.

MAI SENZA LA RETE. Dal sondaggio emerge che i giovani 3.0 non riescono proprio a staccarsi da smartphone e altri device. In particolare, hanno ammesso di non riuscire a prendersi una pausa da questi dispositivi di almeno tre ore nel 79% dei casi. Il bisogno di controllare continuamente lo smartphone magari per chattare non li abbandona neppure di notte.

 
Tablet: istruzioni per l’uso dei piccolissimi

 
DIPENDENTI ANCHE DA GRANDI. E purtroppo anche gli adulti non hanno comportamenti molto diversi. Il 49% degli over 35 non sa stare senza cellulare, verifica se sono arrivate notifiche o messaggi almeno 43 volte al giorno, di cui un 6% arriva a sfiorare le 65 volte, e di stare 3 ore senza buttare un occhio sullo schermo non se ne parla per il 58% di loro.

L’ISOLAMENTO SOCIALE. Dipendenze che possono avere diverse sfaccettature: c’è la Nomofobia, la paura di non avere con sé il cellulare e di non poterlo controllare, la Fomo, ovvero la paura di essere tagliati fuori da qualcosa, il Vamping e tutti gli altri fenomeni legati alle web compulsioni che tengono incollate le persone agli strumenti digitali, in particolar modo allo smartphone, e la loro vita di relazione ne risente in modo compromettente. “Quando c’è un’alterazione delle abilità relazionali e sociali bisogna fermarsi e interrogarsi su cosa ci sta succedendo ­ dichiara Giuseppe Lavenia, presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te. Rischioso è l’isolamento sociale, quando si arriva all’alienazione fino a diventare Hikikomori, rinchiusi nella propria stanza rifiutando la scuola e ogni contatto che non preveda l’uso mediato del mezzo tecnologico”.

L’IDENTITÀ DIVENTA DIGITALE. I giovani 3.0 sono molto più impulsivi, hanno grande difficoltà a gestire la noia, e sono orientati al tutto e subito. “Sono meno creativi, non sentono il bisogno di verificare le fonti da cui traggono notizie o a fare ricerche per controllare se quello che hanno letto è vero ­ prosegue Lavenia. Stiamo andando verso un’identità digitale e la costruzione della loro personalità avviene anche in base all’uso che fanno della rete”.

VOGLIA DI CONDIVIDERE. Gli ultimi casi di cronaca hanno dimostrato quanto le nuove tecnologie possano essere lontane dall’empatia, fino a far diventare indifferenti al dolore altrui. “Ha a che fare con il tratto impulsivo di queste sindromi da dipendenza tecnologica: tutto quello che si fa lo si vuole condividere subito. Senza pensare alle conseguenze che ricadranno su di sé né tantomeno sugli altri ­ spiega Lavenia. La tecnologia ci permette di vivere tutto in modo mediato, anche la paura o un evento traumatico, e quindi di non viverlo sulla pelle, perché il corpo in questa dimensione non è presente. Non ci sono emozioni in quello spazio virtuale, e nulla è realmente condiviso”. È mostrato, punto. Si è centrati sul bisogno immediato: “Voglio pubblicarlo, lo faccio”, è un istinto che bisogna assecondare in modo immediato, senza pensare.

FENOMENO HIKIKOMORI. Gli ultimi anni hanno visto una diffusione del fenomeno degli Hikikomori nei paesi europei, compresa l’Italia. Anche se non ci sono dati certi sulla prevalenza del fenomeno nel nostro Paese, secondo alcune stime non ufficiali il numero di giovani coinvolti sarebbe compreso tra i 30.000 e i 50.000. “Gli Hikikomori sono ragazzi e giovani adulti, di età compresa tra i 13 e i 35 anni, che decidono volontariamente di vivere reclusi nelle proprie stanze, evitando qualsiasi tipo di contatto col mondo esterno, familiari inclusi. Si tratta di una sorta di auto­esclusione dalla società odierna, le cui pressioni e

richieste vengono percepite come insostenibili” dichiara Stefano Galeazzi, psicologo e responsabile della Cooperativa Vivere Verde Onlus.

I CAMPANELLI D’ALLARME. Ma i genitori come possono capire se la dipendenza che caratterizza i ragazzi è nella norma o se invece sta diventando patologica? “Ci sono alcuni segni caratteristici come l’alterazione del ciclo sonno­veglia, il mutare della condivisione sociale offline, il modificarsi di alcuni tratti caratteriali ­ spiega Lavenia. In breve, si potrebbe dire che quando c’è un’alterazione delle abilità relazionali e sociali bisogna fermarsi e interrogarsi su cosa ci sta succedendo”.

DETOX PER TUTTA LA FAMIGLIA. Il primo passo che i genitori dovrebbero fare è semplicemente quello di prendersi il tempo per sedersi accanto ai figli e chiedere loro cosa fanno online. “Ma senza giudicarli in anticipo o additarli come nulla facenti ­ avverte Lavenia ­ bisogna avvicinarsi a loro con curiosità. La stessa che dovrebbero mettere nel conoscere cosa fanno quando non sono in casa, insieme agli amici o a scuola, per esempio. Inoltre, dovrebbero stabilire un momento detox dalle nuove tecnologie condiviso da tutti i membri della famiglia. Potrebbe trattarsi di tre ore senza cellulare dove si gioca, si ricorre a strategie creative e si fanno lavori manuali, si va dai nonni e si raccolgono informazioni per la creazione di un foto­racconto”. Insomma, un momento in cui si abbandona il touch e si torna al contatto. Così mentre prima ai figli si chiedeva com’era andata a scuola, oggi la domanda potrebbe essere: “Com’è andata la tua giornata online?”.

IL NUMERO VERDE. L’Associazione Di.Te. ha istituito il numero verde 800770960 attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 20.00, per offrire una consulenza specialistica gratuita alle persone che soffrono di disagi causati dalle dipendenze tecnologiche, gioco d’azzardo e Cyberbullismo. Un pool di specialisti, composto da psicologi ed educatori specializzati in questo settore, metterà la propria professionalità a disposizione di tutti coloro che intendono rivolgersi al numero verde per richiedere una prima consulenza che permetterà di valutare singolarmente ogni situazione ed indirizzare il paziente, o chi per lui, presso il centro regionale o provinciale dell’Associazione più vicino. I centri sono presenti in tutta Italia.

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Instagram stringe sul cyberbullismo

Il machine learning per combattere il cyberbullismo. E’ la novità messa in campo da Instagram che annuncia l’introduzione della tecnologia di apprendimento automatico per rilevare i contenuti inappropriati. Fino ad ora, in caso di immagini e messaggi offensivi, gli utenti potevano segnalarli alla piattaforma che provvedeva e rimuovere i contenuti che violavano le linee guida.

Con questo aggiornamento alla segnalazione degli utenti si aggiungerà l’identificazione automatica di casi di bullismo presenti in immagini e testi, anche questa verrà inviata ad un team di controllo.

“Il cambiamento ci aiuterà a identificare e rimuovere una quota maggiore di contenuti di cyberbullismo ed è un passo cruciale, poiché molte persone che subiscono o assistono a episodi di bullismo non li segnalano. Inoltre ci aiuterà a proteggere gli utenti più giovani della comunità, dato che gli adolescenti subiscono mediamente più episodi di bullismo rispetto agli altri”, spiega in un post ufficiale Adam Mosseri.

E’ a capo di Instagram da qualche giorno, è stato nominato nominato dopo che i due fondatori dell’app, Kevin Systrom e Mike Krieger, hanno dato le dimissioni. La società è stata acquistata da Facebook nel 2012.

Fonte: http://www.ansa.it

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Per fermare i bulli, serve l’impegno di famiglia, società e istituzioni

Intervista a Mary Petrillo, Psicologa criminologa coordinatrice del Crime Analysts Team

 
Ragazzi che minacciano propri coetanei, ma anche adulti, come i propri professori: episodi sempre più all’ordine del giorno, e che è necessario contrastare e prevenire. Ma come nasce un bullo? Per la dottoressa Mary Petrillo, “la famiglia è la prima agenzia sociale di un bambino, ma è sempre inserita in un determinato ambiente, nella società”

 

La solitudine di una vittima di bullismo (foto Pixabay).

07 Ott 2018
Ragazzi che minacciano propri coetanei, ma anche adulti, come i propri professori: episodi sempre più all’ordine del giorno, e che è necessario contrastare e prevenire. Ma come nasce un bullo? Per la dottoressa Mary Petrillo, “la famiglia è la prima agenzia sociale di un bambino, ma è sempre inserita in un determinato ambiente, nella società”
Il Consiglio Regionale della Puglia ha approvato all’unanimità una proposta di legge per contrastare il fenomeno del bullismo e cyber bullismo. Il provvedimento ha come obiettivo il contrasto del fenomeno attraverso una campagna di prevenzione, messa in atto con iniziative che avranno lo scopo di tutelare i minori e offrire ad insegnanti e genitori gli strumenti opportuni. Secondo quanto emerso dal Censis in collaborazione con la Polizia Postale, il cyberbullismo sarebbe in netto aumento rispetto al bullismo, arrivando a raggiungere persino il 77%.

Secondo Amnesty International, il 15% degli studenti italiani, di età compresa tra i 12 e i 18 anni, ha subito diverse forme di bullismo. Il 10,4% ha subito atti di esclusione dal gruppo “dai propri pari”. L’indagine Istat risalente al 2014, ha portato alla luce che il 50%, che ha un’età compresa tra gli 11 e i 17 anni, ha subito una qualche forma si violenza nei 12 mesi precedenti. Tanti gli episodi di bullismo che giornalmente si verificano nel nostro paese, tante le azioni di contrasto che vengono messe in atto dagli organi preposti.

Lo scorso aprile, tre studenti hanno minacciato un professore con un casco. A seguito di questa azione sono stati bocciati, altri due invece sospesi. Le forze dell’Ordine hanno effettuato perquisizioni che hanno portato al sequestro di cellulari e del casco che i giovani avevano utilizzato per minacciare il professore. E poi ancora una professoressa, alle porte di Rom, è stata minacciata e ripresa con uno smartphone dai suoi alunni: “Te faccio scioglie in mezzo all’acido, te mando all’ospedale professorè”, è quanto le hanno detto gli alunni. Ci sono anche genitori che denunciato atti di bullismo ai danni dei propri figli, come accaduto a Lecce, dove un giovane sarebbe stato picchiato in classe dai propri compagni. Ci sarebbe anche un video dell’accaduto, girato da un compagno, dove si vede uno studente che esercita violenza contro il coetaneo mediante minacce, calci. Ma come nasce il fenomeno? Come contrastarlo? Ce lo spiega la Dott.ssa Mary Petrillo, Psicologa criminologa coordinatrice del Crime Analysts Team, docente master universitari e corsi di criminologia.

La Regione Puglia ha firmato all’unanimità la proposta di legge del M5S per contrastare bullismo e cyber bullismo. Lo scorso luglio, anche il Consiglio regionale delle Marche ha approvato all’unanime una legge per contrastare il bullismo, cyber pedofilia, sexting . Che opinione ha in tal senso?

“La mia opinione è che sono tutte iniziative lodevoli e spero siano portate avanti con serietà servendosi anche dell’aiuto di professionisti del settore capaci e non solamente “telegenici”.

Secondo il Censis in collaborazione con la Polizia Postale, il fenomeno del cyberbullismo sarebbe in netto aumento rispetto ai fenomeni di bullismo, arrivando a raggiungere persino il 77%. Condivide questa linea? Cos’è cambiato rispetto al passato e come si sono evolute le fenomenologie?

“A mio parere sono sullo stesso livello, comunque parliamo di bullismo quindi di azioni deplorevoli fra pari, il cyberbullismo forse rispetto al bullismo di strada e/o scolastico è pericoloso perché grazie ai media informatici e quindi tramite social, arriva ad un numero di persone più alto ed è per questo motivo che iniziative anche di natura legale oltre che psicologica sono necessarie, nella rete deve esserci più controllo esercitato da adulti di riferimento per i ragazzi e dalle Forze dell’ordine”.

In Italia abbiamo assistito a numerosi episodi di bullismo che hanno coinvolto sia studenti che professori ma anche genitori. Cosa induce i giovani ad esercitare violenza nei confronti di figure autoritarie come gli adulti?

“Sono dell’idea che i giovani rispecchiano purtroppo il decadimento morale, sociale ed etico della società che noi adulti presentiamo loro, se avessero buoni esempi sicuramente anche il loro comportamento sarebbe diverso e migliore, ricordiamoci che la famiglia è la prima agenzia sociale di un bambino, di un ragazzo, ma la famiglia è comunque inserita in un determinato ambiente, nella società”.

Come nasce un bullo? In che ambiente si sviluppa?

“Come dicevo l’ambiente favorisce la messa in atto dei comportamenti, quindi è necessario “bonificare” l’ambiente per far crescere giovani che diverranno adulti responsabili”.

Che cos’è il cyber bullismo?

“Il cyberbullismo sono tutte quelle azioni che provocano disagi di natura psicologica e anche fisica e che purtroppo spesso può avere esiti mortali, in chi lo subisce e avviene attraverso l’uso di mezzo informatici e tra i giovani mediante l’uso dei social più conosciuti”.

Come si possono contrastare i due fenomeni sociali?

“Con la volontà e serietà di voler far crescere i giovani in una società più sana sotto ogni punto di vista e cominciando noi adulti a dare loro il buon esempio e non solo a chiacchiere”.

L’avvento dei social ha fomentato lo sviluppo dei fenomeni?

“Più che fomentato, ha favorito lo sviluppo di questi fenomeni perché i ragazzi dietro ad uno schermo e ad una tastiera pensano di essere e rimanere anonimi, ma non è così!”

Quali sono i consigli che sente di dare ad una vittima di bullismo, cyber bullismo o violenza in generale? C’è un numero verde?

“Le vittime devono comunicare agli adulti di riferimento cosa gli sta accadendo perché la comunicazione aiuta loro, ma anche il “bullo” che può essere fermato e anche lui aiutato. I ragazzi possono rivolgersi sia telefonicamente che via computer anche al nostro Team su Facebook : Crime Analysts Team e soprattutto alle Forze dell’ordine che sono, oggi, molto ben preparati sull’argomento”.

Fonte: https://www.lavocedinewyork.com

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Quando il bullo ti tratta con affetto…

Come cogliere la differenza tra uno «scherzo tra ragazzi» e forme di bullismo o cyberbullismo. Riconoscere i comportamenti dei ragazzi e delle ragazze quando le parole non incidono ma lasciano un’incisione.

I genitori di Alice, una bambina di nove anni, mi raccontano preoccupati che ultimamente la bambina ha più volte vomitato la mattina, prima di andare a scuola. A questi episodi si è aggiunta una grande fatica di Alice ad andare a scuola, per paura di vomitare. Piange e, seppur accompagnata dal suo papà, insiste per tornare a casa. Piano, piano la piccola riesce a raccontarmi quello che sta accadendo nel gruppo della chat dei compagni. Viene schernita perché brutta, la chiamano la “strabica” perché ha un occhio imperfetto e, in particolare un compagno scrive più volte che fa “proprio cagare”.

Tanti racconti, simili a questo di Alice, ho ascoltato nella mia pratica clinica. Usare le parole per ferire, umiliare e sentirsi così più importanti e spavaldi, può fare soffrire e creare lividi profondi nel soggetto. Il cyberbullismo è espressione della violenza, sovente gruppale, perpetuata attraverso l’uso di parole, di termini che mirano ad offendere, aggredire, in modo sadico e a danno di una persona.

Tutti noi conosciamo il potere incisivo della parola ma, in alcuni casi, le parole più che incidere possono lasciare un’incisione, un segno difficile da cancellare, nel soggetto a cui sono rivolte. Soprattutto in età puberale e adolescenziale la violenza via web e/o attraverso gli smartphone, può mettere a rischio la cornice stessa che sostiene l’esistenza dei giovani. Effettivamente il web sembra operare una sorta di anestesia della sensibilità nei confronti dei sentimenti altrui, facilitando inoltre il manifestarsi di aggressività e sadismo in una modalità maggiore rispetto ai rapporti reali. Come se il virtuale legittimasse dunque una forma di violenza sull’altro più invisibile, meno soggetta quindi a leggi simboliche.

In Un livido nell’anima ho affrontato il tema della manipolazione affettivo/relazionale, nelle diverse articolazione che la violenza psicologica può prendere all’interno delle relazioni interpersonali. Bullismo, cyberbullismo sono fenomeni sempre più diffusi. I social network, il web possono rappresentare arene virtuali che attraggono comportamenti collettivi violenti. Tuttavia anche nei rapporti a due, l’abuso psicologico può svilupparsi nella sua invisibilità e pervasività.

Il soggetto diventa oggetto, bersaglio di una sistematica azione aggressiva che mira ad arrecare danno. 
Come cogliere la differenza tra uno “scherzo tra ragazzi” e forme di bullismo o cyberbullismo?

L’elemento che fa la differenza riguarda la premeditazione, vale a dire l’intenzione deliberata del bullo di nuocere all’altro, in una continuità cioè attraverso una condotta sistematica. Tale ripetitività differenzia la violenza psicologica dallo sfogo e dallo “scherzo”. Come un genitore può accorgersi che il proprio figlio viene ripetutamente offeso, manipolato o denigrato? Ma, soprattutto, perché i giovani, se vittime di tutto questo, rimangono nel silenzio e non chiedono aiuto? Un livido nell’anima è anche il tentativo di rispondere a queste domande e nasce con un’urgenza: far conoscere per riconoscere e prevenire. E’ un testo che accompagna gli adulti, piano piano e con rispetto, a conoscere il fenomeno e le particolarità della violenza psicologica che spesso si manifesta nell’ombra ma non per questo con meno incisività.

Quello dell’abuso psicologico, dello “scherzo tra ragazzi” al di là del limite, si realizza nel tempo, si insinua nella vita e nella sfera emotiva più intima, può riguardare tutti senza differenze di genere, età, cultura: i giovani ma anche gli adulti, nelle loro relazioni di coppia o lavorative (mobbing). Spesso il manipolatore, o il gruppo che manipola, illude il partner o l’amico che quello che si sta creando sia un rapporto “speciale”, fatto di confidenze e di esclusività. Ma tutto questo, velocemente, si trasforma: i colori non ci sono più, emergono dipendenza e sofferenza che ingabbiano. Come vedere allora, in qualcosa che si manifesta e si continua a perpetrare nell’invisibilità e sotto silenzio, che il proprio figlio o il proprio studente sono in una trappola? Come fermare e arrestare la caduta dei giovani nella rete del cyberbullismo?

Qualche segnale c’è e, a volte, prima della caduta c’è spesso una piccola scivolata: lì l’adulto può intervenire. Ad esempio Alice, attraverso un sintomo fisico, il vomito, lancia un messaggio rispetto al suo disagio. Dobbiamo tenere presente che la manipolazione opera sempre su due fondamentali leve emozionali: il senso di colpa e la paura. A ciò si aggiungono il tentativo di isolare la persona e l’utilizzo di una comunicazione, di un linguaggio aggressivo e/o seduttivo. Quali segni, sovente silenziosi e celati, possono interrogare un adulto? Innanzitutto quando il sociale non è più interessante, quando la scuola non è più appassionante, quando si isolano.

Accorgersi, ad esempio, che il proprio figlio utilizza meno il cellulare, si interessa meno al mondo web, a facebook. Anche quando mostra un’apatia che sembra non esprima più desideri e, la risposta a qualsiasi domanda, è “Non lo so, per me fa lo stesso”. Accade con frequenza che gli effetti della violenza psicologica si manifestino attraverso sintomi somatici: ad esempio disturbi del sonno, dell’alimentazione. C’è sempre un momento preciso nel quale la vittima di una manipolazione affettivo/relazionale percepisce che qualcosa non va, vive dentro di sé un peso effetto appunto di un livido nell’anima. Ma non sa come fare. 
Facilmente si isolano, non chiedono aiuto ma si rifugiano in un vissuto fatto di vergogna, paura di ritorsioni, imbarazzo, timore di non essere creduti. Altre volte si chiudono dietro alla speranza che prima o poi tutto possa finire oppure non si accorgono, non capiscono che il modo in cui l’altro li “mal-tratta” è una violazione soggettiva.

Ecco perché famiglia, scuola, ambienti sportivi hanno un ruolo decisivo: prevenire per impedire che a ciascun soggetto venga rubata, violata o sottratta la possibilità di essere rispettato. Il libro raccoglie l’esperienza clinica maturata non solo durante gli incontri con bambini e adolescenti, ma anche di donne, cadute nella rete di legami affettivi malati e abusanti. Il mondo del lavoro non è certo esente dalla possibilità di cadere vittime di una relazione manipolatoria, di mobbing.

La violenza psicologica si insinua sempre in maniera intrusiva, pervasiva, controllante e, priva del sussidio di prove empiriche, agisce in una dimensione di invisibilità e intimidazione. Questa è la difficoltà e, a volte, l’impossibilità per i soggetti abusati, di poter dire e chiedere aiuto. Tali lividi nell’anima sono profondi e diversi rispetto alle tracce che la violenza agita lascia sul corpo. Anzi, spesso, sono la premessa di un atto violento. Ecco l’importanza più volte ribadita nel libro, di sensibilizzare gli adulti, ma anche bambini e giovani, sull’esistenza della manipolazione affettiva e le caratteristiche con cui si manifesta. Conoscere per potersi accorgere e riconoscere. Per i lividi nell’anima è possibile operare una prevenzione.

 
 

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