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Melania Trump contro il Cyberbullismo

Melania Trump contro il cyberbullismo

Ho lanciato la mia campagna be best lo scorso maggio con un’attenzione particolare a tutti i problemi che i bambini affrontanto oggi. Uno di questi è l’uso responsabile dei social media.

A parlare è la First lady americana che in una conferenza stampa in Maryland sul cyberbullismo illustra la sua iniziativa il cui scopo è quello di aiutare i giovanissimi su tre fronti in particolare salute, utilizzo dei social e abuso di oppiacei, fenomeno ormai dilagante negli States.

Soprattuto il fatto che a fare la paladina della lotta contro la violenza online sia la moglie del presidente che piu di tutti fa uso di twitter per comunicare la sua ostilità verso critici e oppositori, è da mesi al centro delle critiche della stampa d’oltreceano.

Tra le accuse anche quella di plagio da parte del magazine People, secondo cui una delle presentazioni della campagna è stata coipiata da una relazione della commissione federale per il commercio.

Non solo, da un profilio sula first lady realizzato dal New York Times, emergerebbe anche che lo stesso Donald Trump abbia cercato di dissuadere la moglie di occuparsi di ciberbullismo per evitare polemiche sul suo conto.

Visualizza il video nel canale YouTube di nobullying.help

Fonte: http://it.euronews.com/

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secondowelfare

“Bullyctionary”: insieme contro il bullismo, dalla A alla Z

“Bullyctionary” è una iniziativa nata da una nuova collaborazione tra Generali Italia e Informatici Senza Frontiere Onlus (ISF) che già nel 2015 avevano lavorato insieme al progetto di volontariato d’impresa: “Minori e la rete”.

Generali Italia, compagnia assicurativa del Gruppo Generali, è costantemente impegnata ad avere un ruolo attivo volto a migliorare la vita delle persone, dentro e fuori la propria azienda, e a creare un impatto positivo sulle comunità e sul territorio (ne è un concreto esempio l’iniziativa Welfare Index PMI).

Informatici Senza Frontiere Onlus è una realtà nata nel 2005 con l’intento di promuovere il rispetto della dignità umana e la solidarietà attraverso un uso intelligente e sostenibile della tecnologia. I soci mettono a disposizione le proprie competenze e passioni per realizzare progetti senza scopo di lucro, in Italia e all’estero, in cui le competenze nelle tecnologie informatiche e nelle comunicazioni possano contribuire al superamento di realtà discriminatorie ed emarginanti.

Questi interlocutori hanno unito il loro impegno presentando “Bullyctionary”: il primo dizionario online scritto con i ragazzi che raccoglie e monitora le parole più utilizzate dai bulli in rete. Il progetto risponde proprio all’emergenza crescente del cyberbullismo. In rete – più che nell’interazione personale – le parole vengono usate spesso con leggerezza, dimenticando il peso e le conseguenze che possono avere nella vita reale delle persone. I destinatari dell’iniziativa sono principalmente i giovani tra i 10 e i 14 anni, una fascia d’età considerata particolarmente a rischio, e le loro famiglie, che non sempre sono informate in maniera adeguata rispetto al fenomeno.

dati Ipsos per Save the Children – riportati all’interno del sito di Bullyctionary – parlano chiaro: il 72% dei ragazzi intervistati riconosce il cyberbullismo come un evento tangibile; il 5% considera gli episodi di bullismo un’esperienza regolare e consueta; l’80% riconosce la scuola come ambiente in cui avvengono con più frequenza, mentre il 61% dei casi di bullismo avvengono sui social network. Questo genera conseguenze preoccupanti nei giovani: tra le vittime il 65% perde la voglia di socializzare e nel 38% dei casi viene compromesso il rendimento scolastico.

“Bullyctionary” intende sensibilizzare sul tema anche raccogliendo storie ed esperienze realmente accadute che possono aiutare a utilizzare la rete in modo consapevole e responsabile. Il progetto prevede anche incontri promossi nelle Agenzie di Generali in tutta Italia rivolti alle famiglie per informare, sensibilizzare ed educare sul fenomeno del cyberbullismo, grazie al team di esperti – composto da informatici ISF e psicologi – che faciliteranno la corretta lettura dei temi legati al bullismo e delle dinamiche del mondo dei ragazzi.

Bullyctionary” è un progetto aperto e collaborativo a cui tutti possono aderire candidando una o più parole sul sito e partecipando agli incontri sul territorio.

Fonte: www.secondowelfare.it

Il bullismo raccontato da una vittima

La scorsa settimana una giovane mamma ha deciso di raccontare l’esperienza di bullismo subita da suo figlio, testimonianza che ha riscosso particolare attenzione.

A seguito dell’articolo ho ricevuto molti messaggi da parte di altre mamme, una ad una stanno uscendo dall’ombra dell’impotenza che purtroppo questo fenomeno crea.

«Pronto, la signora X?»

«Mamma non c’è, ma posso raccontare io… sono io la vittima di bullismo».

Inizia così la nostra chiacchierata, lui è un giovane ragazzo di Torvaianica e con lucidità eviscera ogni emozione. Violenza verbale seguita da cyberbullismo, depressione e solitudine da cui un gesto estremo: «ho tentato il suicidio».

Anche oggi le analisi psicologiche non servono.

L’intervista

D: Quando sei andato in quella scuola avevi degli amici che ti portavi dietro?

R: Si, uno solo.

D: Ha avuto anche il tuo amico problemi?

R: Si, l’anno dopo.

D: Cosa è successo a te?

R: Il primo giorno di scuola tutto normale, con tutti i compagni ci siamo salutati e conosciuti. Dal secondo giorno iniziano le prese in giro da quattro ragazzi. Io dopo due mesi mi sono arrabbiato e ho risposto.

D: Succedeva durante la ricreazione o durante le lezioni?

R: Anche durante le ore di lezione, lo facevano quando i professori andavano al bagno o si allontanavano. Gli dicevo: «che cosa volete? io non vi ho fatto niente». e loro rispondevano: «perché ci va di prenderti in giro». Io ci sono rimasto male e da lì è iniziato un lungo cammino… io lo chiamo cosi, un lungo cammino di depressione.

D: Non siete mai arrivati alle mani?

R: No, mi hanno minacciato. Io correvo verso il bus fuori scuola per sfuggirgli.

D: Che cosa hai fatto, l’hai detto subito a casa? L’hai detto a qualcuno?

R: No, non ho voluto dire nulla perché mia madre era incinta e non volevo darle preoccupazioni.

D: Quindi ti chiudi per tutto l’anno e subisci… Chi ti ha aiutato?

R: Ci sono state due ragazze ad aiutarmi. Poi mi sono davvero chiuso e non parlavo più con nessuno, mi vestivo sempre di nero ero letteralmente affondato.

D: Continuavi ad andare a scuola o inventavi scuse?

R: Ci andavo volentieri per queste mie due amiche che mi facevano ritornare il sorriso. Poi hanno iniziato persino su WhatsApp e su Instagram. Io avevo chiesto di non mettermi nel gruppo di classe, loro hanno preso il mio numero e hanno iniziato anche lì. Avevo instagram e ho postato una foto, loro venivano a commentare sotto.

D: Cos’hai fatto?

R: Dopo qualche settimana ho fatto questa cosa… ho tentato di suicidarmi. Ho preso un laccio e me lo sono legato al collo, basta. Delle mie amiche hanno sentito qualcuno che si sentiva male e hanno chiamato i professori.

D: È successo a scuola quindi?

R: Si…

D: E i professori che hanno fatto?

R: Mi hanno detto di parlare con loro, e io ho iniziato a parlare. Loro hanno messo una nota ed hanno abbassato il voto in condotta di un punto. Anche il preside mi ha dato ragione ma poi è come non fosse successo niente.

D: Hai cambiato scuola?

R: No, ho finito l’anno. L’ultimo mese è stato il più bello della mia vita perché loro non mi prendevano più in giro. Poi per motivi di trasferimento ho cambiato scuola.

D: Adesso come va nella nuova scuola?

R: Va meglio anche se ho dovuto combattere per inserirmi.

D: In quel periodo riuscivi a studiare?

R: No, ero in depressione e mi hanno abbassato i voti.

D: Hai amici fuori dal contesto scolastico?

R: Sono un po’ timido…

D: Come mai nessuno ha deciso di andare dai carabinieri?

R: Non mi andava di creargli dei problemi, sono pure loro giovani.

D: Cosa vorresti che scrivessi?

R: Il bullismo è una ferita nell’orgoglio. Bisogna uscire più forti, reagire con moderazione e dirlo ai professori, ai genitori, a chiunque.

La mamma

Dopo aver salutato questo piccolo uomo parlo con sua mamma, e le faccio i complimenti per l’educazione, la sensibilità, la dolcezza e il coraggio di suo figlio.

D: Tu vorresti aggiungere qualcosa?

La cosa che mi ha fatto incavolare che quando sono andata a parlare con i professori era già una settimana che era passato quel giorno, in una settimana i professori mi hanno detto che l’ha fatto due volte, quel gesto. «E adesso me lo dite?».

I professori non aiutano.

Chiamando le mamme alla fine è stata definita come ragazzinata questa cosa e che era colpa anche di mio figlio.

D: Quali colpe ha tuo figlio?

R: Che è grosso, che veste male. Ho detto a mio figlio «difenditi», io sto sempre in ansia quando va a scuola.

D: A scuola ci sono controlli?

R: No, assolutamente. La scuola dovrebbe fare più controlli, io penso questo.

D: Come nel caso dell’altro ragazzo hanno visto tuo figlio più fragile?

R: Certo sì, loro da soli non sono niente: i bulli si fanno forti insieme. Da soli sono pecorelle. Se tornassi indietro una bella denuncia alla scuola. Mio figlio ha scritto un tema a una professoressa chiedendo aiuto e non gli è stato dato, io ho conservato quel tema.

D: Ora come sta tuo figlio?

R: Sta meglio, si è svegliato. Sono stata richiamata dai professori «suo figlio ha menato», e non è stato mandato al campo scuola per punizione.

Mio figlio mi ha detto: «mamma io non so più quello che devo fare».

Privacy

Nomi e luoghi non possono essere resi noti secondo codice deontologico.

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it

Vi aspetto.

Dott.ssa Sabrina Rodogno

link all’articolo 

Keepers

Cyberbullismo, arriva l’app Keepers di Vodafone

Vodafone ha introdotto Keepers nell’offerta rivolta ai più giovani (8-12 anni), l’applicazione pensata per proteggere la vita digitale dei ragazzi. I bambini avranno così la possibilità di navigare sul web in modo sicuro, mentre i genitori potranno monitorare la vita digitale del figlio senza compromettere la privacy.

Molti genitori vivono con ambivalenza il possesso dello smartphone da parte dei figli: da un lato viene considerato un passaggio fondamentale verso una maggiore autonomia, dall’altro ci sono tutti i timori legati ai pericoli della rete (es. dipendenza dal telefonino, cyber-bullismo, contenuti violenti o pedopornografici). Sia tra i genitori più permissivi che tra quelli più rigidi, emerge la volontà di concedere lo smartphone ai propri figli, ma garantendo loro sempre la massima sicurezza. Allo stesso tempo anche i ragazzi (8-12 anni), sensibilizzati dalla scuola e dalla famiglia, sono sempre più consapevoli dei rischi relativi all’uso di internet e accettano di farsi guidare dai genitori. (Fonte: “Junior Offer Evolution – Indagine qualitativa ad hoc realizzata in partnership con l’istituto di ricerca People”).

Per permettere a genitori e ragazzi di condividere questo passaggio, anche stabilendo insieme le giuste modalità di utilizzo dello smartphone, Vodafone ha introdotto Keepers nell’offerta rivolta ai più giovani (8-12 anni), l’applicazione pensata per proteggere la vita digitale dei ragazzi. I bambini avranno così la possibilità di navigare sul web in modo sicuro, mentre i genitori potranno monitorare la vita digitale del figlio senza compromettere la privacy.

Ideata nel 2017 dalla start up israeliana Keepers Child Safety, questa piattaforma utilizza un approccio preventivo, con componenti sviluppati per il beneficio sia dei genitori che dei figli e ha l’obiettivo di promuovere un ambiente online favorevole e sicuro per i più giovani. Inoltre, le tecnologie innovative con cui è stato sviluppato Keepers forniscono ai genitori strumenti di monitoraggio non invasivi per far fronte ai diversi pericoli del web – come cyberbullismo, pedofilia, etc.

 

Keepers è solo uno dei servizi che Vodafone, in collaborazione con Moige, ha sviluppato per la sicurezza digitale dei più piccoli. Le funzionalità di sicurezza introdotte da Vodafone, infatti, sono pienamente in linea con le iniziative del Moige che da anni è impegnato a sensibilizzare le famiglie sull’uso attento e consapevole di internet e delle nuove tecnologie.

 

 

Una volta associati i dispositivi del genitore e del ragazzo, Keepers consentirà al genitore di:

  • geolocalizzare il figlio tracciando in tempo reale la sua posizione;
  • monitorare il livello di batteria dello smartphone del ragazzo e di ricevere una notifica quando scende sotto il 10%;
  • ricevere delle notifiche se la tecnologia di analisi del sistema rileva una minaccia o una situazione di pericolo. Grazie ad un sofisticato programma di intelligenza artificiale e machine learning, l’app è in grado distinguere tra un linguaggio pericoloso e uno innocuo, segnalando esclusivamente messaggi sospetti.

Per tutti coloro che a partire dall’8 luglio sottoscriveranno l’offerta Shake Remix Unlimited Junior, Keepers sarà disponibile gratuitamente per un anno per tutti coloro che decideranno di scaricarla. Il download non è automatico ma a discrezione dei genitori.

 

da key4biz.it

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Stop bullismo

Cyberbullismo, come prevenirlo con l’intelligenza artificiale

Si chiama Creep, Cyberbulling Effect Prevention.
È il progetto che si propone di identificare e prevenire gli effetti del cyberbullismo sui giovani. L’aggressione sistematica e ripetuta sul web è infatti un fenomeno, purtroppo, in costante crescita. Nel 2016, un milione di teenager sono stati molestati e minacciati solo su Facebook. Secondo gli ultimi dati Istat, il 5,9% dei giovani fra gli 11 e i 17 anni è stato vittima di cyberbullismo per una o più volte al mese. La percentuale arriva addirittura al 22,3% se si prende in considerazione chi ha subito aggressioni qualche volta all’anno. Non solo. Bullismo e cyberbullismo risultano essere collegati: l’88% delle vittime di cyberbullismo è stato vittima del bullismo tradizionale, come raccontato ad esempio dalla serie televisiva americana Tredici.

L’emergenza è dimostrata anche dal fatto che questo ambito del settore salute ha registrato la crescita maggiore, dal 2010 a oggi, con un incremento del fatturato del 78% a livello mondiale, raggiungendo i 243 miliardi di dollari. “Il bullismo è una patologia delle relazioni sociali dove si cercano modalità perverse per affermarsi e dove il bisogno di sicurezza viene manifestato con fenomeni di aggressività” ha spiegato Ersilia Manesini, psicologa e professoressa all’Università di Firenze in occasione della nona edizione di Educa, il festival dell’educazione promosso dalla Provincia autonoma di Trento, dall’Università degli Studi di Trento e dal Comune di Rovereto, che continua: “il cyberbullismo è una costola del bullismo ma più pericoloso perché aggredisce le vittime anche laddove vanno a rifugiarsi, persino nella loro casa. L’età più fragile è quella delle scuole medie, dove i ragazzi vogliono sentirsi grandi ma ancora non sanno distinguere il bene dal male”.

Creep – progetto coordinato dalla fondazione Bruno Kessler, tra le attività di innovazione per il Digital Wellbeing di EIT Digital, in partnership con l’azienda italiana Expert System, l’eCrime Research Group dell’Università di Trento, il centro di ricerca francese Inria e la startup tedesca NeuroNation – si propone di sviluppare tecnologie e soluzioni avanzate di intelligenza artificiale per l’individuazione precoce e la prevenzione degli effetti del cyberbullismo tramite il monitoraggio di social media e l’innovazione delle tecnologie motivazionali. Come? Attraverso due sistemi. Il primo è un software di analisi semantica che analizza i profili social grazie all’intelligenza artificiale monitorando le interazioni potenzialmente più critiche e individuando le caratteristiche dei profili più a rischio. L’integrazione di tecnologie avanzate basate su text mining, argumentation and sentiment analysis permette infatti di creare un tool avanzato dedicato al monitoraggio mirato dei social.

Il secondo è un chatbot, ossia uno strumento di messaggistica integrato alle app già in uso che, grazie alla sua capacità di porre domande alla potenziale “vittima” di cyberbullismo, può fornire in maniera automatica un primo supporto per capire come comportarsi e chi contattare nei casi a rischio. Queste strategie di dialogo consentono ai teenager di riportare le loro esperienze, di determinare lo stato psicologico dell’utente e di persuaderli ad agire e reagire.

La sperimentazione, che avviene attraverso un approccio di living lab che permette la valutazione delle soluzioni in un ambiente “quasi-reale”, è partita il 1° gennaio 2018 in alcune scuole medie e superiori della Provincia autonoma di Trento e si concluderà il 31 dicembre di quest’anno. L’obiettivo sarà poi quello di allargare il raggio di azione a livello nazionale ed europeo nei prossimi anni.

Fonte: il Sole 24 ore

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