Venerdì 11 ottobre, alle ore 11.00 presso l’Auditorium Sant’Antonio di Morbegno, andrà in scena “Domani tutto finirà”, uno spettacolo liberamente ispirato al romanzo “Il giocatore” di Fëdor Dostoevskij, prodotto dalla Compagnia “Olive a pArte” con Giovanni Di Piano e Tiberio Ghitti, e rivolto alle scuole
SCHEDA DELLO SPETTACOLO
Una lettura basata sul romanzo Il giocatore di F. Dostoevskij, che si snoda attraverso un racconto vivo e potente, in grado di presentare diversi tipi di giocatori, dai ricchi nobili europei, ai poveretti che scommettono tutti i loro averi, ai ladri tipici dei casinò.
Incalzato dai creditori, Dostoevskij aveva venduto all’editore Stellovskij i diritti a pubblicare la raccolta completa delle sue opere con la clausola che, se non gli avesse portato un nuovo libro da dare alle stampe entro il primo dicembre 1866, avrebbe perduto per nove anni i proventi su tutto quanto avesse scritto. Voleva dire ridursi in miseria. Miseria che conosce bene il suo alter ego Aleksej Ivanovič, che continua buttare la propria vita sul tappeto verde affidandola al capriccio di una pallina che rotola. Per lui non conta più nemmeno il sentimento per Polina, che dopo esserglisi concessa ha perso l’irraggiungibilità che la rendeva tanto seducente ai suoi occhi. Al tavolo da gioco Aleksej assapora l’esaltazione del rischio: oro, banconote e biglietti di banca cominciano a cambiare di mano trasportati dall’estro del destino, mentre la febbre prende a bruciare sempre di più nelle sue vene… La parabola discendente di un uomo vittima del proprio vizio. Una caduta libera autocosciente e senza riscatto, in attesa dell’ultimo, definitivo rien ne va plus!
L’Organizzazione mondiale della sanità da decenni li definisce «ludopatici», ovvero affetti da gioco- dipendenza. Ma in Italia si parla ancora di vizio. Eppure i maniaci della slot machine, dei videopoker, dei gratta e vinci a raffica raccontano di una patologia ossessiva che di “giocoso” ha ben poco. (Luca Liverani, Avvenire.it, 8 marzo 2012, Cronaca)
Il gioco è un oblio, una fuga. Un “vizio minore”, di cui si parla poco. Un’ossessione che affonda le sue radici nella storia e nella letteratura. Da qui la scelta di un classico quale punto di partenza per un tema sempre più attuale, radicato però nella natura, a volte subdola, dell’uomo.
Il teatro riafferma la presenza, crea un “qui e adesso”, apre il dibattito e fa riflettere sulla condizione umana nel concreto. Il teatro vive il presente. E in questo presente, oggi, tutto può finire.